Mangiare sano va bene, a patto che non diventi un'ossessione   -2a parte-

COME IDENTIFICARE UN RAPPORTO MALSANO VERSO AL CIBO


.....la paziente riporta che in quel periodo ha poco tempo per mangiare poiché lavora tutto il giorno e siccome crede che il pasto debba essere consumato lentamente, masticando ogni singolo boccone più e più volte e meditando su ciò che si mangia, a volte salta il pranzo piuttosto di non mangiare secondo la modalità che lei ritiene corretta. Se va bene mangia una sola volta al giorno, ma non consuma un quantitativo adeguato di calorie.

Inizia ad avere amenorrea (assenza di ciclo mestruale) e arriva a pesare 35kg, questo un anno e mezzo prima del ricovero. 

Compie un viaggio in India dopo il quale presenta diarrea che cura solo con il digiuno parziale. Il peso si riduce ulteriormente fino ad arrivare a 27kg. 

Dall’esame emergono le credenze e le distorsioni cognitive che sottostanno al suo comportamento. La paziente crede che non sia giusto unire differenti tipi di proteine o nutrienti nello stesso pasto, poiché questo causerebbe la produzione di tossine. Per lei i migliori cibi sono i semi poiché essi cadono a terra in modo naturale e, per mangiarli, dovrebbero essere frantumati con pietre naturali e non con mezzi meccanici. Le uova non devono essere mangiate perché “sono l’aborto delle galline”. L’armonia naturale del pianeta non dovrebbe essere interrotta, ma ciò avviene quando gli animali vengono uccisi. I cibi crudi e la dieta vegetale migliorano il mondo e portano “pace allo spirito delle persone che di riflesso la portano al mondo”. Queste credenze non sono deliri ma idee esagerate che si sono costituite nel corso del tempo e per la loro intensità sono da considerarsi disfunzionali e patologiche

La paziente ricerca l’armonia e rifiuta di provare sentimenti di tristezza o angoscia – “l’essere umano è felice se comprende che la tristezza o l’angoscia sono qualcosa di esterno a lui e devono essere rifiutati”. 

Durante l’ospedalizzazione non si sono rilevati i tipici atteggiamenti anoressici, infatti la paziente non presenta distorsione dell’immagine corporea, o desiderio di essere più magra e le ossessioni non sono rivolte al peso, ma piuttosto ai cibi che sono salutari secondo i suoi criteri. Non presenta ansia rispetto al suo aumento di peso, non vomita dopo i pasti e non è iperattiva.

La paziente soffre di ortoressia, un quadro non ben definito e non ancora accettato formalmente, ma che può essere inserito nella categoria dei disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificato. Spiccano il rifiuto dei sentimenti negativi, le distorsioni cognitive e come entrambe influenzino negativamente la condizione fisica, a tal punto che la paziente non si è mai resa conto della gravità della sua malnutrizione. 

Come si interviene?

Curare l’ortoressia non è un compito facile: alla luce della ferma convinzione di agire in modo corretto, le persone ortoressiche sono estremamente sicure delle loro convinzioni, che diventano veri e propri ideali di purezza interiore. Poiché si sentono superiori a chi non ha un simile autocontrollo, di norma rifiutano di riconoscere il loro problema e di conseguenza impegnarsi attivamente nel trattamento.

Detto questo, un trattamento efficace deve essere graduale e procedere, da un lato, attraverso un lavoro sulle emozioni (in particolare, sulle paure di contaminazione e di malattia che mantengono l’ossessione) e, dall’altro, una reintroduzione dei componenti alimentari eliminati, puntando anche su eventuali malesseri fisici che possono essere conseguenti alla dieta squilibrata.

In generale, il trattamento dell’ortoressia, come quello degli altri disturbi del comportamento alimentare, deve avvalersi di un’équipe multidisciplinare composta da psicoterapeuti, medici e dietisti, attraverso un’azione integrata tra il paziente e la famiglia.

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Dott.ssa Giulia Giambenini

Dott.ssa in Psicologia

giulia.gmbn@gmail.com



Fonti:

  • Bratman, S. (2011). What is orthorexia. 
  • Brytek-Matera, A. (2012). Orthorexia nervosa–an eating disorder, obsessive-compulsive disorder or disturbed eating habit. Archives of Psychiatry and psychotherapy, 1, 55-60.
  • Brytek-Matera, A., Rogoza, R., Gramaglia, C., & Zeppegno, P. (2015). Predictors of orthorexic behaviours in patients with eating disorders: a preliminary study. BMC psychiatry, 15(1), 1.
  • Donini, L. M., Marsili, D., Graziani, M. P., Imbriale, M., & Cannella, C. (2004). Orthorexia nervosa: a preliminary study with a proposal for diagnosis and an attempt to measure the dimension of the phenomenon. Eating and Weight Disorders-Studies on     Anorexia, Bulimia and Obesity, 9(2), 151-157.
  • Donini, L. M., Marsili, D., Graziani, M. P., Imbriale, M., & Cannella, C. (2005). Orthorexia nervosa: validation of a diagnosis questionnaire. Eating and Weight Disorders-Studies on Anorexia, Bulimia and Obesity, 10(2), e28-e32.
  • Sánchez, F. G., & Rial, B. R. (2005). Orthorexia nervosa. A new eating behavior disorder?. Actas Esp Psiquiatr, 33(1), 66-68.